Prevenzione e Salute sessuale

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Il pene curvo.

  1. Di Filippo – Div. Urologia- Ambulatorio di Andrologia – Pres. Osp. S. Caterina Novella Galatina (LE)

 

Riassunto:  Vengono evidenziate le differenze tra l’incurvamento congenito del pene e quello acquisito da Induratio Penis Plastica, sia per l’aspetto patogenetico che per l’indicazione terapeutica. La terapia medica è indicata solo nel recurvatum secondario mentre l’intervento chirurgico è indispensabile per correggere entrambi i tipi di incurvamento, quando il paziente lamenta difficoltà ai rapporti sessuali.

Nell’Induratio Penis Plastica  è possibile ottenere qualche risultato con la terapia medica solo nelle fasi iniziali. Nessuna terapia medica è indicata nella placche calcificate.

 

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Il sempre crescente interesse dei mass media per tutto ciò che concerne la sessualità, e la commercializzazione del Viagra è stata certamente la spinta maggiore, ha portato molti pazienti a chiedere aiuto anche per patologie che frequentemente, negli anni passati, erano sopportate per un senso di vergogna  unita all’incertezza di poter trovare dei rimedi.  A noi è sembrato necessario dare delle informazioni aggiornate e valide indicazioni  per la terapia medica e chirurgica dell’incurvamento del pene.

 Il recurvatum penis (r.p.) rappresenta, dopo le più semplici patologie del prepuzio (Frenulo corto e Fimosi), la più frequente e, per alcuni aspetti, curiosa patologia del pene.

L’aspetto ‘folcloristico’ del r.p. è possibile già riscontrarlo in alcuni affreschi di Pompei, mentre il primo vasto studio sull’I.P.P risale solo al 1743 ad opera di Francois de La Peyronie da cui ha preso il nome.

Per ciò che concerne l’aspetto patogenetico dell’incurvamento del pene, è necessario fare distinzione tra la forma congenita e quella acquisita. In entrambi i casi, il problema più rilevante è certamente l’atteggiamento psicologico che una condizione siffatta può determinare. Il giovane non ne parla inizialmente perché non ha ancora esperienza della normalità ed espone il problema al medico, spesso ‘bypassando’ i genitori, quando, nella possibilità di confrontarsi con l’altro sesso, non è in grado di avere un rapporto soddisfacente o addirittura noti lo sguardo esterrefatto della ragazza.

Nell’uomo più avanti negli anni, il senso di vergogna porta spesso il paziente dal medico solo in fase avanzata, magari dopo aver attraversato il periodo di fastidio/dolore in fase d’erezione, che frequentemente anticipa  l’incurvamento.  

Recurvatum congenito del pene :

Già nella fase puberale è, a volte, possibile notare la presenza dell’incurvamento del pene durante un bagno caldo o da autostimolazione ludica.

La patogenesi dell’incurvamento congenito è legata ad asimmetria di sviluppo di uno dei corpi cavernosi; tale disparità si evidenzia solo in fase erettiva e quindi viene per lo più diagnosticata in età puberale o poco dopo. (1)

Con il passare del tempo, a sviluppo somatico ormai pressoché completo, è facile vedere un  pene con deviazione del suo asse.

Alla palpazione del pene in stato di flaccidità non si apprezza  alcuna anomalia mentre, in fase di erezione è, a volte, possibile sentire sotto le dita che palpano, un aspetto zigrinato della parete del corpo cavernoso nella parte concava della curva.

L’esame ecografico del pene è solitamente negativo potendo solo confermare la modesta diminuzione di calibro, quando presente, di uno dei corpi cavernosi condizione già evidenziabile all’esame fisico.

 

Recurvatum acquisito del pene:

Nella quasi totalità dei casi trattasi di Induratio Penis Plastica ( I.P.P.) mentre sono rari i casi da pregresso trauma con rottura dei corpi cavernosi o, ancora più rari, neoplasie.

Nei casi di I.P.P., già a pene flaccido è possibile palpare delle formazioni, di dimensioni variabili da una lenticchia sino a 2 – 3 cm di lunghezza, a consistenza aumentata sino alle forme di vera e propria ossificazione.

Specie nelle fasi iniziali, è più facile palpare le placche nel corso di erezione indotta quando non hanno ancora consistenza dura.

L’I.P.P. non raramente si associa a deficit erettivo, ma è piuttosto difficile definire se ciò sia una conseguenza della placca o se le due condizioni siano solo contemporanee: non è univocamente accettato che l’I.P.P. sia sempre la causa diretta del deficit erettivo.

 

Diagnosi dell’I.P.P.:

L’I.P.P. si presenta più frequentemente dopo la 5° decade di vita, talora ha un inizio subdolo mancando a volte il periodo di dolore in erezione che è il solo segno dell’inizio della patologia.                      

 La storia che il paziente riferisce è già molto chiarificante.

Il paziente viene a consulto perché vede il pene curvo in erezione; a noi resta da stabilire solo la causa e l’indicazione terapeutica.

 

Oltre all’esame obiettivo consueto è indispensabile eseguire una F.I.C. (Farmaco Infusione Cavernosa) che ora viene effettuata pressoché universalmente con le PGE1. L’obbiettivo è quello di ottenere una tumescenza con rigidità senza incorrere, possibilmente, nel priapismo. Di solito la dose da noi adoperata è di 10 mcg nei giovani, di 15-20 mcg nei soggetti più avanti negli anni. A volte aggiungiamo una Videostimolazione Sessuale per completare l’effetto del farmaco.  

Raggiunta l’erezione viene effettuata nuovamente la palpazione ed eseguita l’ecografia dei corpi cavernosi alla ricerca di placche di I.P.P. ed eventualmente per effettuarne la stadiazione. Mentre le placche di recente formazione possono essere ecograficamente difficili da differenziare dal tessuto circostante, quelle più inveterate, presentando depositi calcifichi sino all’ossificazione, danno un’immagine di iperecogenicità e un vistoso cono d’ombra posteriore che non lasciano dubbi. L’esame ecografico, strumento principe della diagnostica nell’I.P.P. deve prevedere:

  1. la F.I.C. di prostaglandine che permette una migliore definizione della placca dal tessuto circostante;
  2. una valutazione sull’ecostruttura della placca circa la presenza di calcificazioni (indispensabile ad una stadiazione della malattia);
  3. la valutazione dell’eventuale interessamento del setto intercavernoso;
  4. la misurazione dei diametri che dovranno essere controllati al follow-up.

Nel contempo vengono effettuate delle foto del pene in erezione come documentazione del grado di curvatura.

Ottime immagini vengono dalla RMN con Gadolinio ma, oltre ad essere gravate  dall’alto costo, necessitano di strumentazione non facilmente reperibile e non aggiungono molto alla diagnostica ecografica.

Una semplice radiografia del pene può solo evidenziare una placca calcifica.

La patogenesi della placca di I.P.P. non è certa e nel passato sono state proposte varie teorie: quella dei microtraumi nel corso di rapporti sessuali; quella da cause infettive per aver trovato, al microscopio elettronico, tracce di batteri e, infine, il  deposito di immunocomplessi simile a ciò che avviene nelle collagenopatie da autoanticorpi. Questa ultima ipotesi sarebbe avvalorata dalla presenza contemporanea della malattia di Dupuytren nel 5-10% dei casi, dalla malattia di Ledderhos (fibrosi plantare), dalla fibrosi della cartilagine auricolare, dalla timpanosclerosi, dall’artrite, delle quali condivide anche alcuni aspetti microscopici. In effetti nelle fasi iniziali è una flogosi localizzata a uno o più punti dell’albuginea, con afflusso di linfociti e plasmacellule nello spazio perivascolare. L’evoluzione successiva è la riduzione delle fibre elastiche a favore del collagene con perdita dell’elasticità del corpo cavernoso e la compromissione  della corretta estensione del pene. Per tale condizione la regione sede della placca risulta essere inestensibile e alla fine più corta della controlaterale durante l’erezione con formazione di una curva verso il lato della placca.

 

Terapia:

Nessuna terapia medica è proponibile per l’incurvamento congenito. Solo l’intervento chirurgico può risolvere il problema.

Nell’I.P.P. le illusorie guarigioni spontanee, sono solo dei raddrizzamenti del recurvato, dovuti alla comparsa di placche controlaterali. In realtà si tratta di un peggioramento della malattia, testimoniata dal raccorciamento della lunghezza dell’asta.(2)

Nel recurvatum secondario a I.P.P. l’indirizzo terapeutico varia in conseguenza dello stadio della placca.

Viene fatta distinzione tra la terapia per l’I.P.P. e quella per il recurvatum del pene. Infatti, mentre è possibile trattare l’I.P.P. con sostanze che potrebbero rallentare il processo di fibrosi e quindi diminuire l’estensione della placca o comunque rallentare la formazione di nuove placche, nulla è al momento possibile effettuare per la placca ormai consolidata o addirittura ossificata.

Moltissime sostanze, con alterne fortune, sono state utilizzate per trattare l’I.P.P.. Difficile è anche l’interpretazione di cosa si intenda per miglioramento della malattia. Molti studi, infatti, riportano come segno di attività della sostanza testata la riduzione o la scomparsa del dolore in erezione, ma nella storia naturale della malattia la norma prevede che, dopo un periodo variabile da pochi giorni ad alcuni mesi, la sintomatologia dolorosa scompaia del tutto. L’entità della placca non può essere utilizzata come metro di misura in quanto la progressione della fibrosi determina necessariamente una riduzione spontanea della volumetria così come fenomeni di edema possono essere evidenti nel corso della terapia iniettiva. La curvatura del pene può subire delle modifiche in relazione alle dimensioni raggiunte dalla placca nel suo consolidarsi.

Sorvolando su impacchi e decotti che potremmo definire alchimistici, uno dei primi farmaci (1952), ma che ancora oggi trova sostenitori, è stato il Parabenzoato (Potaba) , sostanza non in commercio in Italia, costosa, dal sapore sgradevole, che nonostante sia ancora oggi utilizzata non ha mai avuto univoci consensi.

 

Antiestrogeni (Tamoxifene), Cortisonici, antinfiammatori, antiedemigeni si sono alternati negli anni.

Negli ultimi decenni sono state molto in voga le infiltrazione della placca con sostante cortisoniche, Verapamil, miscele. Più volte è sorto il dubbio che l’iniezione di farmaci intraplacca possa invece determinare stimolo alla proliferazione fibrosa.

Anche la terapia fisica come intoforesi, ionoforesi, ultrasuono terapia e laserterapia, sono state utilizzate nella ricerca della stabilizzazione della placca con risultati validi per alcuni AA.   

E’ stata sperimentata anche l’ E.S.W.L. per frammentare la placca calcifica ma con assai scarsi risultati poiché, contrariamente a ciò che accade per le vie urinarie, in cui la frammentazione dei calcoli ottenuta con tale metodica favorisce la loro eliminazione, nella placca i frammenti non possono essere rimossi né le onde d’urto sono in grado di risolvere la fibrosi che è poi la causa principale dell’incurvamento del pene.

 

Terapia Chirurgica:

La terapia chirurgica rimane il solo mezzo per risolvere le difficoltà nei rapporti sessuali determinate dalla presenza dell’incurvamento.

Indispensabile è però, nei casi di I.P.P., che la placca sia completamente stabilizzata in modo che l’incurvamento possa essere considerato pressoché  definitivo. Solitamente si attendono vari mesi dalla comparsa dell’incurvamento prima di intervenire chirurgicamente.

La scelta della strategia va considerata sotto molteplici aspetti.

E’ innanzitutto necessario spiegare al paziente che l’intervento non elimina la malattia ma solo il risultato della stessa, permettendo di avere rapporti e che, quando i rapporti sono possibili nonostante l’incurvamento del pene, non è necessario l’intervento, che invece è indispensabile per curvature superiori ai 30 gradi.

Gli interventi più utilizzati sono la corporoplastica secondo NESBIT (3), la plissettatura semplice (corporoplicatio), la tecnica di Yachia (1990)  e la chirurgia di placca.

La scelta dell’intervento va effettuata tenendo presente l’entità della curva e le dimensioni del pene.

L’intervento più semplice consiste nel dare sul lato convesso un punto che determini una piegatura (corporoplicatio) nella parete del c.c. E’ certamente molto semplice ma, oltre a determinare un ispessimento localizzato del c.c. che alcuni pazienti riferiscono  fastidioso, più degli altri interventi può essere causa di reintervento a distanza per rottura del filo di sutura o mancata tenuta del corpo cavernoso.

L’intervento di Nesbit, il più utilizzato, prevede la riduzione del corpo cavernoso più lungo tramite asportazione di un rombo di albuginea nella posizione diametralmente opposta alla placca. Ciò riduce, ovviamente, la lunghezza complessiva del pene per cui è opportuno evitare tale intervento qualora il pene non sia  sufficientemente lungo da permettere, dopo l’intervento, un rapporto valido.

Il tipo di incisione varia secondo le dimensioni dell’incurvamento, il tipo di intervento ma le strade utilizzate sono la sottocoronale ( con risultato estetico di una circoncisione) e la peno scrotale con degloving del pene attraverso una breccia alla base del pene che permette di visualizzare i corpi cavernosi per tutta la loro lunghezza, ancora rivestiti dalla fascia di Buch che viene i aperta mettendo allo scoperto l’albuginea dei corpi cavernosi. Si incide il corpo cavernoso della regione convessa praticando delle loganghe, di solito 2–3, che vengono poi suturate in senso trasversale in modo da accorciare il lato convesso dell’asta.

 

L’intervento di Yachia consiste nell’effettuare delle incisioni longitudinali sul lato convesso e poi suturarle in senso trasversale. Viene di solito utilizzata quando sia auspicabile un aumento della diametro del corpo cavernoso.

 

Fig. 5

 

Esistono molte varianti a queste tecniche che potremmo definire di base e recentemente è stata proposta una plastica “a doppio petto”  che prevede un’incisione trasversale, e la sutura dei lembi in posizione sovrapposta.

Nella pratica comune però non è raro che vengano utilizzate tali tecniche in associazione visto che per evitare l’asportazione di  grosse losanghe che determinerebbero deformità del profilo del pene, si effettuano più incisioni, di solito 2-3, di piccole dimensioni.

Sono interventi che, nelle curve meno accentuate, possono essere eseguiti in anestesia locale  mentre il tempo di degenza è solitamente di 3 giorni.

Non è  conveniente effettuare l’intervento di Nesbit quando l’intervento deve essere condotto su un pene piuttosto corto in quanto ciò potrebbe comportare poi difficoltà ai rapporti sessuali. In tali occasioni  è necessario ricorrere alla chirurgia di placca il cui scopo è asportare la placca e applicare un patch di tessuto autologo (pezzo di vena safena, fascia dei muscoli retti addominali, lembo di prepuzio, mucosa buccale, ecc.)  o alloplastico (materiale simile a quello utilizzato nelle protesi vascolari) con il risultato di allungare il c.c. più corto.

Questo ultimo tipo di intervento è purtroppo legato a frequenti problemi specie quando si usi materiale alloplastico. Frequente  è stato, per i materiali alloplastici,  la necessità di reintervento per l’asportazione del materiale innestato, ormai avvolto da una ganga fibrosa anelastica che aveva riportato il pene alla condizione precedente. Tra i tessuti autologhi, il migliore risultato viene ottenuto con l’innesto di vena Safena. Tale tessuto sembra risentire meno della retrazione  che è invece più frequente con altri.   

Quando l’I.P.P. si associa a deficit erettivo, non rispondente alle terapie mediche,  è indicato l’impianto di protesi peniena. Anche in tale evenienza si può associare l’incisione della placca e copertura delle losanghe con patch di varia natura allo scopo di  allungare il pene.  Anche in questo caso, sono ampie le possibilità di scelta sia della protesi da utilizzare sia dei patch da innestare. È preferibile l’utilizzo delle protesi gonfiabili per vari motivi:

  • danno al pene un aspetto più naturale quando flaccido
  • permettono di effettuare più facilmente esami endoscopici di uretra e vescica.
  • Quando sia necessario applicare un patch di ingrandimento del pene è possibile distendere i corpi cavernosi in maniera più congrua al fine di effettuare un “ginnastica” dei corpi cavernosi.

Visto l’ampio campo di scelte le decisioni su come procedere devono comunque essere guidate dalla volontà del paziente dopo un colloquio ampiamente informativo.

 

 

 

 

 

 

BIBLIOGRAFIA:

 

1 Yachia D, Beyar M, Andogan IA, Dascalu S. The incidence of congenital penile curvature. J. Urol., 150:1478-1479, 1993.

 

3 Nesbit RM. Congenital curvature of the phallus: report of 3 cases with description of corrective operation. J. Urol.: 93:230-232, 1965.

 

 4 Weidner W, Schroeder-Printzen I, Weiske WH, Vasshenrich R. Sexual dysfuction in Peyronie’s disease: on analysis of 222 patients without previous local plaque therapy. J Urol 1997; 157:325.

 

5  Molinatti-Fontana

Andrologia: Le malformazioni del pene – Verducci Editore 1997;pag.135-142

 

2   M. Soli, E. Lemanna, G. Martorana

Storia Naturale e Anatomia Patologica in  G.I.S.I. :Induratio Penis Plastica: Stato dell’Arte – Pacini Editore V volume 1999; pag.22

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