Chiedere aiuto alla tecnologia per avere un figlio non è una malvagità. Se consideriamo l’infertilità come una malattia, viene spontaneo pensare che devono essere utilizzati tutti i mezzi possibili al fine di “guarire”.
Attualmente c’è uno scontro ideologico tra la morale corrente, del paese reale, delle persone fisiche e l’insegnamento della Chiesa Cattolica. Addentrarsi nei meandri di una disquisizione etico-religiosa non è nello spirito di questo breve paragrafo che vuole essere solo uno spunto di riflessione sui problemi da affrontare.
Quello di cui tratteremo è ciò che alla coppia con problemi di fertilità appare allorché si accinge a saperne qualcosa.
Molto dipende dall’interesse che la coppia ha di avere un figlio, dall’armonia tra i due componenti e dal tipo di informazione che riceve.
Nessuno trova difficoltà ad accettare l’inseminazione della donna con il seme del marito proprio perché tutto rimane all’interno della coppia senza nessun problema per il nascituro.
Difficoltà sorgono quando sia necessario l’utilizzo della banca del seme (inseminazione eterologa), per assenza di produzione di spermatozoi. Il ricorso a tale pratica è una decisione della coppia che deve essere molto ponderata tanto che è bene far passare alcuni mesi per maturarne la decisione ed, a volte, prima di iniziare il trattamento è opportuna una consulenza psicologica.
Mai dovrebbe essere eseguita una inseminazione eterologa in una coppia che non dia certezza di accettazione. La convinzione sostenuta da alcune coppie, che la presenza di un figlio darebbe tranquillità non è sufficiente perché, qualora la tranquillità della coppia non dovesse sopraggiungere, a soffrirne sarebbe solo il bambino nato in tale situazione.
Se la coppia è tranquilla il bambino è felice come qualsiasi altro e forse di più perché intensamente desiderato. La presenza di un figlio generato con un’inseminazione eterologa non pone nessuna difficoltà alla coppia cosciente e sono rari i casi di separazione tra i coniugi ed ancor più rari i casi di disconoscimento (vietato dalla legge 40 del 2004).
Le tecniche di fecondazione assistita, e tra queste la FIV-ET (Fecondazione in vitro ed embrio transfer), di solito non suscitano alcun problema di accettazione, al contrario offrono l’opportunità del concepimento. Quando nel corso di una FIV-ET deve essere utilizzato liquido seminale da donatore è necessario fare le stesse considerazioni già prospettate per l’inseminazione eterologa.
Argomenti molto dibattuti, più per la curiosità che hanno suscitato che per il numero dei casi, sono:
Mamme-nonne , ossia gravidanze ottenute in donne in menopausa con donazione di ovociti od embrioni di giovani donne.
Gravidanze di lesbiche, ottenute con inseminazione
Utero in affitto, ossia il trasferimento nell’utero di una donna consenziente di un embrione ottenuto con ovociti di altra donna che non poteva utilizzare il proprio utero per portare a termine la gestazione o in coppie gay.
Gravidanze ottenute trasferendo l’embrione congelato di una donna, morta per incidente stradale successivo al prelievo, nell’utero della sorella così che il bambino che nasce è orfano di madre(vietato dalla legge 40 del 2004) .
Tali condizioni, certamente non frequenti, suscitano molte perplessità per ovvie ragioni psicologiche, morali e legali:
Di chi è il figlio? Di colei che ha dato l’ovulo o di quella che ha portato avanti la gravidanza?
Un bambino nato da una lesbica risentirà della mancanza di una figura paterna?
Il bambino nato da donna in età avanzata(64 anni) è destinato, per legge di natura, a divenire orfano in età inferiore alla media dei suoi coetanei. Sarà in grado una donna di 79 anni di seguire nello sviluppo un ragazzo di 15 anni?
La Legge 40 del 2004 aveva negato tante di queste possibilità ma le modifiche successive hanno creato spiragli per coppie in cerca di prole.
Appare chiaro che sono moltissime le eventualità che possono verificarsi grazie alla fecondazione assistita . Molte delle “brutture” si verificano per un esagerato egoismo di avere un figlio a tutti i costi per soddisfare il proprio desiderio di felicità.
Ma chi è genitore deve essere un “buon” genitore e quindi è indispensabile che si ponga la domanda: “Un figlio mio potrà essere felice o piuttosto non sarà condannato a soffrire per una mia scelta”.
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